Autore: Miriam Giuliano (myryam0511@hotmail.it)
Venerdì 26 gennaio 2007 si è tenuta, presso il Dipartimento di Lingue delle Scuole Civiche di Milano, la discussione di una tesi di laurea, di Miriam Giuliano, dedicata ad Angelo. La tesi racconta l’esperienza estiva di volontariato vissuta da Angelo, Chiara, Michela, Silvia, Annalisa, Annesa, Barbara, Silvia, Paola, Livio, Pasquale e Stefano all’interno del Burj al Luq Luq Community Centre, organizzazione palestinese impegnata nella promozione dei diritti sociali e delle politiche giovanili a Gerusalemme Est. Attraverso l’analisi storica delle ragioni e delle radici del conflitto in Medio Oriente, tracciando un breve panorama dell’attuale contesto sociale della città di Gerusalemme, la tesi si propone di far conoscere un progetto di pace e di cooperazione, volto al miglioramento delle condizioni di vita dei bambini, degli adolescenti, dei giovani e delle donne palestinesi. La discussione, tenutasi di fronte ad una Commissione composta da docenti di formazioni eterogenee, è durata 15 minuti, come da disposizioni accademiche. Ad una breve introduzione sulle ragioni che hanno portato alla scelta dell’argomento affrontato, ha fatto seguito la proiezione di un filmato realizzato con la consulenza di un cugino di Angelo. Il video, accurato montaggio di fotografie e riprese tratte dalla fotocamera che Angelo aveva con sé, conduce lo spettatore tra le mura di Gerusalemme, per le sue strade, fra la sua gente, fino all’interno del Burj Al Luq Luq Centre a toccare con mano la realtà quotidiana all’interno del campo. L’esposizione si è quindi conclusa con una breve sintesi dei problemi e delle difficoltà cui il centro deve far fronte e con la lettura di alcune righe tratte dalla testimonianza di Silvia, una ragazza che si trovava con Angelo a Gerusalemme.
Dopo essersi consultata a porte chiuse, la commissione d’esame ha proceduto alla proclamazione, assegnando alla candidata un punteggio di 105/110.
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VOLONTARI PER LA PACE
Vita in un campo di lavoro a Gerusalemme
Quando ho iniziato a lavorare a questa tesi non avevo ancora bene le idee chiare su cosa avrei scritto e su come l’avrei articolata, ma sentivo forte nel mio cuore un desiderio: dedicare questa tesi ad Angelo e ricordare la sua figura di giovane che credeva nella PACE. Perché questa vicenda mi aveva da subito colpita e coinvolta, forse perché mi sentivo molto vicina ai valori in cui credeva o forse perché mi immedesimavo nelle sue idee, nella sua determinazione, nella sua forza.
Anch’io sognavo da sempre di partire, di andare a vedere cosa succedeva nel mondo. Amo i bambini, amo giocare con loro, amo la spontaneità e la gioia dei loro volti e vorrei poter riuscire a far sorridere tutti quei bambini che soffrono, vittime di realtà che non hanno certo contribuito a creare. Sono una di quelle persone che crede, o forse si illude, che il mondo possa cambiare, che ha voglia e sente di dover fare qualcosa per gli altri, che crede profondamente nella PACE e che vede nel dialogo e nella non-violenza l’unica soluzione, anche quando la realtà sembra andare nella direzione opposta. E probabilmente sbaglio a dire che il mio obiettivo era di ricordare un giovane che credeva nella pace, forse dovrei usare il presente perché il messaggio di Angelo è ancora forte e chiaro, la sua determinazione e la sua forza continuano a parlare a molte persone.
Dentro di me sentivo un turbinio di domande e di emozioni. Volevo riuscire a spargere piccoli semi di pace, anche a nome di Angelo. Ma come fare? Accanto a questa forte esigenza personale, emergevano tante paure: di risultare superficiale, presuntuosa, di deludere chi conosceva Angelo veramente, di ferire chi gli voleva bene con parole fuori luogo. Continuavo a rileggere quella frase che appariva su tutti i giornali: «Fare l’amore con la Non-Violenza per partorire la pace dal grembo della società» e mi interrogavo sul suo significato, la lasciavo parlare e agire dentro di me.
La morte di Angelo aveva minato anche i miei valori e i miei progetti. Questa tesi era per me anche la ricerca di una ragione a questa morte così assurda. Risposta della quale ero sicura non si potesse chiedere conto al giovane che, in preda all’odio accecante di un vissuto drammatico, quella sera aveva ucciso Angelo. E non volevo neppure credere che si fosse trattato semplicemente di un tragico destino che aveva permesso quelle morte solo perché Angelo si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. La ricerca di una verità a tutti i costi non mi dava la serenità che cercavo e il mio pensiero si portava inevitabilmente sull’enorme dolore della sua famiglia.
Questa tesi è stata la mia risposta ad un bisogno di pace interiore e ad un bisogno di confermare i valori in cui credo. Parlare di PACE, scrivere di PACE, ritrovare PACE: per poter realizzare tutto questo è necessario che questo valore sia ben radicato prima di tutto in noi stessi; bisogna poterlo sperimentare, bisogna lasciare che venga messo alla prova.
La possibilità di agire in favore della pace presuppone l’essere in pace con sé stessi e con il proprio dolore. Non si tratta di un compromesso. La distruzione che senti di fronte al dolore provocato dall’irreversibilità della perdita di una vita così preziosa come quella di Angelo è come la devastazione provocata da un incendio in un bosco. Il tempo, però, fa sì che la natura si rigeneri a nuova e rigogliosa vita proprio sulle ceneri, che sono in grado di rendere ancora feconda la terra.
Forse la mia tesi apparirà a qualcuno di voi come una semplice analisi storica del conflitto in Medio Oriente, come un semplice panorama sociale della città di Gerusalemme e come un breve resoconto di un campo di volontariato. Ma attraverso il racconto di nove giorni intensi vorrei riuscire a far passare un messaggio di pace, lo stesso che guidava Angelo nella sua vita e nelle sue scelte e per il quale si è battuto con tutto il cuore. Vorrei che leggendo del Burj e di quello che Angelo e gli altri undici ragazzi hanno fatto e visto per poco più di una settimana, qualcuno di voi si sentisse lì a Gerusalemme con loro, vivesse le loro emozioni, sopportasse le loro difficoltà, soffrisse dei loro dispiaceri, credesse nei loro ideali e si sentisse chiamato ad agire sulle loro tracce.
Miriam Giuliano